23/08/07

Storia di un di un fiore in un grande prato


Da sempre si cerca di combattere l' AIDS. Esiste un continente che ha anche degli abitanti che "vivono" giorno per giorno con la speranza di non morire. Questo è l'Africa. Qui si può morire per mano dell'uomo, si muore a causa del "Dio" denaro, si muore per volersi vedere riconosciuti dei diritti, si muore sbranati dai leoni, perchè si cerca di scappare da una realtà macabra, si muore ancora per AIDS ecc..... Quanto costano i farmaci per questa gente? Fino a che punto le case farmaceutiche sono disponibili a salvare vite umane? Sono tante le domande che ci potremmo fare. All'interno di questo post c'è un articolo che ho preso dal sito dell' UNICEF una delle straordinarie associazioni che danno un peso alla vita.

2 commenti:

Gianny ha detto...

Port-au-Prince (Haiti), 30 luglio 2007 - Della vive in un villaggio isolato nel Dipartimento Nord-Ovest di Haiti, una regione arida e poco abitata, tra le più povere del paese.

È in questa zona economicamente svantaggiata che la giovane madre sta crescendo le sue quattro figlie, mentre si prepara alla nascita di un quinto.

Un giorno, Della si è sentita male molto. «Temevo per la vita del mio bambino» ricorda. Così ha preso una moto-taxi e si è recata nel più vicino ospedale, nella cittadina di Bombardopolis, a 15 chilometri di distanza.

«Le condizioni della strada sono pessime, e questo certo non ha facilitato la situazione di Della, ormai al quinto mese di gravidanza» spiega Elmanise Jacques, la responsabile del programma per la prevenzione della trasmissione dell'HIV da madre a figlio a Bombardopolis per conto dell'organizzazione umanitaria CARE.

Il marito di Della è morto di AIDS quattro anni fa e in seguito la giovane donna si è risposata. Dopo il lungo viaggio vero l'ospedale, Della ha scoperto di essere sieropositiva.

Anonimo ha detto...

AIDS, FARMACI E DIRITTI...

Un piccolo passo avanti nella lotta contro le malattie che flagellano l’Africa. L’Unione europea ha approvatoun meccanismo che renderà più agevole l’acquisto a prezzi ridotti di farmaci contro aids, tubercolosi emalaria da parte di 76 paesi poveri, molti dei quali, appunto, africani.L’iniziativa contempla anche il blocco del fenomeno della reimportazione in Europa di queste medicine, le cuiconfezioni verranno segnate con un logo facilmente riconoscibile alle dogane.Su questo tema vi proponiamo l’anteprima dell’articolo di Raffaella Ravinetto – Medici Senza Frontiere –pubblicato sul numero di giugno di Nigrizia.Negli ultimi tre anni la società civile internazionale si è mobilitata con forza sullo scandaloso problema della mancanzad’accesso delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo alle terapie antiaids e, in particolare, ai farmaci antiretroviraliefficaci nel migliorare la qualità e prolungare l’aspettativa di vita. Questa mobilitazione, che ha visto coinvolto il Nordcome il Sud del mondo, ha permesso di ottenere una serie di risultati.In breve:a) i prezzi della terapia antiretrovirale di prima linea sono diminuiti da più di 10mila dollari l’anno per paziente a meno di300, principalmente come risultato della competizione fra prodotti originali e corrispettivi generici (il prezzo più basso èaccessibile solo per quei paesi che possono o scelgono di utilizzare prodotti generici);b) la dichiarazione della Conferenza interministeriale dell'Omc/Wto (Organizzazione mondiale del commercio) tenutasi aDoha nel novembre del 2001, ha affermato la priorità della protezione della salute pubblica rispetto alla protezione degliinteressi economici;c) nell'aprile 2002 gli antiretrovirali sono stati inclusi nella lista dei farmaci essenziali dell’Organizzazione mondiale dellasanità (Oms), che ha in questo modo sancito che un farmaco salvavita è sempre "essenziale" indipendentemente dalprezzo, e che il costo elevato non può costituire una ragione per escludere gruppi di pazienti dal diritto alla terapia;d) su impulso dei paesi in via di sviluppo (pvs) è stato creato dall’Oms il progetto di "pre-qualificazione" dei farmaciantiretrovirali e per le malattie opportuniste: uno strumento che offre a governi ed organizzazioni impegnate nella lottacontro l’aids, la possibilità di una scelta ragionata (prezzo e qualità) fra i diversi prodotti, sia originali che generici,presenti sul mercato. Così per la prima volta l’Oms ha affermato pubblicamente l’equivalenza fra antiretrovirali originali ecerti corrispettivi generici.Oggi è possibile trattare pazienti con una terapia antiretrovirale di prima linea utilizzando esclusivamente alcuni prodottigenerici, la cui qualità è stata verificata dall’Oms e che sono molto meno costosi dei corrispettivi "originali", anchequando offerti a prezzi "preferenziali" per i pvs;e) l’impegno preso dalla comunità internazionale di espandere la terapia nei pvs è stato quantificato nell’obiettivo di "tremilioni di pazienti trattati entro il 2005";f) per volontà di Kofi Annan è stato creato il Global Fund per finanziare la lotta all’aids, tubercolosi e malaria; g) è ormaiampiamente diffusa la consapevolezza che è possibile introdurre la terapia antiretrovirale nei pvs, e con ottimi risultatiterapeutici, come dimostrano i progetti pilota;h) si è affermata la consapevolezza che prevenzione e terapia si rafforzano vicendevolmente e non devono esserevissute come scelte alternative, ma come elementi fondamentali e complementari della lotta all’aids.< Nonostante questi successi, il numero di pazienti attualmente in terapia dimostra che gli strumenti esistenti non sonoadeguatamente utilizzati: 6-9 milioni di persone affette da aids che vivono nei pvs hanno raggiunto uno stadio clinicoavanzato e dovrebbero ricevere la terapia antiretrovirale adesso per continuare a vivere, ma non più di 300mila erano interapia alla fine del 2002 (dati Oms, dicembre 2002).Per capirci: in Africa subsahariana 4,1 milioni le persone necessitano della terapia antiretrovirale, ma solo 50mila sono interapia.Le ragioni di questo fallimento vanno ricondotte a un'insufficiente volontà politica di fondo. Ma anche a fattori specificiquali la mancanza di finanziamenti adeguati da parte della comunità internazionale (il Global Fund ha raccolto finoall’ottobre del 2002 solamente 2,1 miliardi di dollari, rispetto ai 9 ritenuti necessari); il non sufficiente ricorso alle misure –previste dagli accordi dell'Omc relativi al diritto di proprietà intellettuale (Trips) - che permettono di acquistare i prodottifarmaceutici meno costosi fra quelli di qualità presenti sul mercato internazionale.Un'esperienza di Medici Senza Frontiere in Camerun ci dice che la possibilità di acquistare farmaci generici di qualità hapermesso ridurre di quasi dieci volte il costo annuale per paziente di una terapia di prima linea: si è passati da 3.000dollari nel 2001 a 350 nel 2002. È evidente che chi può acquistare uno stesso farmaco a prezzi inferiori potrà utilizzare ifondi risparmiati per trattare un numero superiore di pazienti, o per migliorare le strutture sanitarie di riferimento, o performare adeguatamente il personale locale… insomma per migliorare l’accesso alla salute in senso globale.
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Certo i prezzi non sono diminuiti in maniera rilevante per le terapie di seconda linea, per le quali mancano ancoracorrispondenti generici pre-qualificati ed esiste di conseguenza un monopolio del detentore del brevetto.< Tra i fattori di freno alla lotta all'aids c'è la mancanza di informazioni sui prezzi realmente accessibili in ciascunpaese: determinati prodotti che sono offerti a prezzi bassi per i pvs, dunque, teoricamente accessibili, spesso non sonopraticamente presenti in molti paesi: talora perché il farmaco dovrebbe essere acquistato all’estero (spesso in Europa,Usa, India…) e non c’è un sistema di stoccaggio e distribuzione a livello nazionale o almeno regionale; talora perché ilprogramma di prezzo preferenziale offerto dall’azienda detentrice del brevetto non riguarda quel determinato paese;talora perché l’azienda produttrice non ha neppure presentato la domanda di autorizzazione all’immissione sul mercatoin quel determinato paese.Da rilevare infine una sconcertante mancanza di attenzione per i bambini affetti da aids nei pvs. Non ci sonoprogrammi dedicati alla terapia dei bambini né formulazioni farmaceutiche adattate per rendere più semplicel’assunzione dei farmaci.E questo a fronte di un quadro epidemiologico allarmante: nel 2001, i bambini con Hiv-aids erano nel mondo 2 milioni e700mila, con 800mila nuove infezioni (nonostante i programmi per la riduzione della trasmissione materno-infantile) e580mila morti. Purtroppo questi bambini non hanno un valore "produttivo" per la società e le loro morti – evitabili -sembrano creare meno preoccupazione che non l’aumento della mortalità per aids nelle fasce economicamente attivedella popolazione. E ciò nonostante le dichiarazioni di principio sul diritto di ogni essere umano alla salute.Dunque la società civile non deve abbassare la guardia. E non solo per ciò che riguarda l’accesso ai farmaci antiaids,ma anche rispetto al tema più generale dell’accesso a terapie adeguate per ogni tipo di patologia nei pvs.L’emergenza crescente di nuove resistenze farmacologiche (malaria, infezioni delle vie respiratorie, infezioni intestinali,eccetera, rispondono sempre meno alle terapie tradizionali) sta determinando e determinerà la necessità di sostituire i"vecchi" farmaci essenziali disponibili a basso prezzo con nuovi farmaci essenziali, spesso di sintesi recente, sottobrevetto e costosi.Per la maggior parte dei paesi poveri, la possibilità di avere accesso a versioni "generiche" meno costose rappresenteràsempre più un elemento indispensabile per potere fare fronte ai problemi di salute pubblica in modo efficace. È pertantofondamentale che la comunità internazionale identifichi meccanismi efficaci e semplici, che garantiscano ad ognipaese la possibilità di acquistare a basso costo i farmaci essenziali, senza limitazioni legate al tipo di patologia esenza appesantimenti e rallentamenti burocratici.In base alle normative internazionali attuali, la produzione di versioni generiche di farmaci sotto brevetto grazieall’emissione di una licenza obbligatoria è permessa «prevalentemente per utilizzo nel paese produttore». Perciò, apartire dal 2005, quando tutti i paesi con capacità produttiva avranno recepito gli accordi Trips dell'Omc, i paesi senzacapacità produttiva rischieranno di trovarsi nell’impossibilità di importare farmaci generici a basso costo.Il paradosso è che i paesi più ricchi con capacità produttiva propria potranno teoricamente accedere a farmaci menocostosi, perché prodotti localmente; mentre i più poveri fra i poveri potrebbero trovarsi nell’impossibilità di farlo, perchénon in grado di produrli e non autorizzati a importarli.Negoziazioni in questo senso sono in corso nell’ambito dell'Omc: il problema doveva essere risolto entro la fine del 2002,ma il conflitto costante fra diritto alla salute e tutela dei diritti di proprietà intellettuale ha impedito un accordo. Se neriparlerà probabilmente alla prossima conferenza interministeriale dell'Omc/Wto (Cancún, 10-14 settembre 2003).*Medici Senza Frontiere
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SPERANZA PER L’AFRICAÈ fiera tanto della sua rotondità – la si potrebbe definire paffutella – quanto della sua moto Guzzi. In Etiopia,uno dei Paesi più poveri al mondo, sono una rarità sia l’una che l’altra. Ed è ancor più insolito che BirhaneKelkay parli della sua sieropositività, sfidando tabù e pregiudizi. Nel 2002 ha creato Tilla, l’associazione delledonne malate di Aids, l’unica nel Paese, grazie all’organismo non governativo Action-Aid International.Siamo giunti fino ad Assawa, nel Sud del Paese, per conoscerla, dopo un lungo viaggio su interminabilistrade sterrate, dove incrociamo fiumi di persone in cammino. «Sono rimasta due anni chiusa nella miacapanna, quando ho saputo di aver il virus Hiv», dice Birhane. «Potevo lasciarmi morire o reagire. Ho sceltola seconda possibilità».«Oggi Tilla è formata da 57 donne, sieropositive, per lo più non per colpa loro», continua Birhane. «C’è chicuce a macchina e vende tovaglie e coperte e chi gira nelle zone rurali per spiegare alle donne comedifendersi dall’Aids. Vorrei dire a tutte che con l’Hiv si può vivere e che Tilla è con loro: offre aiuto economicoe legale per difenderle».Eppure, l’infezione cresce. L’Unaids riporta che gli adulti tra i 15 e i 49 anni affetti dall’Aids sono oltre 1,4milioni e le donne oltre 770.000. E i sieropositivi sono il 4,4 per cento dei 69 milioni di abitanti. Si parla dimille contagi al giorno.«Il Governo etiope cerca di arginare il dramma e alcune multinazionali farmaceutiche sono disponibili afornire ai malati più poveri (circa 30.000) gli antiretrovirali», racconta Jemal Ahmed, di ActionAid. «La verasoluzione è però creare un’industria locale che produca farmaci anti-Hiv, accessibili a tutti».Le donne non sono le sole a soffrire. Nel 2001 oltre 250.000 bambini sono rimasti senza genitori a causadell’Aids. Alaim è uno di loro. Ha 16 anni ed è orgoglioso di lavorare per Tesfa Brhan, l’associazione degliorfani dell’Aids sostenuta dalla Ong. «Oggi io vado a trovare i ragazzi orfani chiusi nelle capanne o sullestrade perché hanno contratto il virus. Mi ascoltano perché sono uno di loro», racconta.Colpito un abitante su quattroPer dedicarsi a loro, Alaim ha lasciato la scuola. «Volevo uccidermi, ma il pensiero dei miei tre fratelli mi hasalvato». Oggi Alaim guadagna 550 birr (circa 50 euro) al mese e riesce a mandare i fratelli a scuola. Per iragazzi più grandi l’associazione crea programmi di avviamento professionale e finanzia le loro attività. «Nonè facile», spiega Armach Hailu, 23 anni, uno degli organizzatori. «L’importante è capire cosa desiderano,fargli sentire che siamo con loro». In tre anni i ragazzi da 12 sono diventati 800.Dal Corno d’Africa al Sud, dall’Etiopia allo Zimbabwe. Anche in quest’ultimo Paese le cifre sono terribili: 1,6milioni di persone tra i 15 e i 49 anni (di cui un milione di donne) ammalate di Aids, 200.000 sono bambini. Isieropositivi arrivano a un abitante su quattro.Ad Harare, la capitale, opera una Ong italiana, il Cesvi di Bergamo. Il progetto è diretto ai ragazzi di strada,che sono quasi 200.000. La gran parte di loro sono orfani dell’Aids. Quando la salute si aggrava finisconoall’ospedale Saint Albert. «Il primo impatto è stato durissimo. Allorché hanno aperto le porte del reparto dipediatria mi è sembrato che si fossero spalancati i cancelli di Auschwitz: scheletri di madri e bambini, lamentiincessanti e nessun sorriso».È il ricordo stampato nella memoria di Cristina Francesconi, volontaria del Cesvi. Quella porta, apertale neldicembre 2003, non l’ha più chiusa. Ma siccome non è un chirurgo né un’infermiera, ha cercato di esprimerela speranza attraverso il disegno: si è armata di pennelli e ha raccolto intorno a sé un bel gruppo di queiragazzi di strada per fare di quel luogo la "Casa del sorriso", come appunto l’hanno chiamata.La paura del mondo occidentaleCristina vive in Italia. Ma tutte le volte che può vola ad Harare: «Il Saint Albert è diventato un po’ casa mia»,dice. «Ritrovo tante facce amiche, e i bambini mi saltano al collo». E benché siano oltre 20.000 i ragazzi
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assistiti dal progetto, Cristina si rende conto che è una goccia nel mare. «I risultati sono lenti ad arrivare»,dice, «e talvolta paura e rabbia sgorgano come pus dalle ferite della paura del mondo occidentale».Già, Tilla o la Casa del sorriso sono piccole isole di speranza. Nel suo messaggio per la Giornata del malato,il Papa ha paragonato l’Africa «a quell’uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico; cadde nelle mani deibriganti che lo spogliarono, lo percossero, e se ne andarono, lasciandolo a terra mezzo morto».Sono milioni di esseri umani, ha aggiunto, che «hanno bisogno estremo di Buoni Samaritani». Che oggiancora non ci sono, perché mancano i fondi per i progetti educativi e per i farmaci. «Di fronte a emergenzecome l’Aids», ha scritto Giovanni Paolo II, «la salvaguardia della vita umana deve venire prima di qualsiasialtra valutazione».Per sostenere questi progetti: ActionAid International, tel. 02/74.20.01;Cesvi, 035/20.58.058. I siti internet www.actionaidinternational.it; www.cesvi.org.
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Nigrizia 01/01/2004Aids... cede il fronte del profittoFranco MorettiDue anni fa a Pretoria si consumò uno scontro tra le multinazionali farmaceutiche e il governo sudafricano(Nigrizia, 4/02, 7 e 6/02, 13): in ballo c’era il prezzo troppo alto della cura – il cosiddetto "trifarmaco"antiretrovirale – che consente al sieropositivo all’Hiv/aids (abitante di un paese ricco) di condurre una vitanormale per lunghi anni. Prezzo alto perché le multinazionali sono proprietarie dei brevetti sui farmaci epuntano a fare il maggior profitto possibile.Quello scontro fece capire a tanta parte dell’opinione pubblica mondiale che la stragrande maggioranza deisieropositivi non possono permettersi la cura. Forse da quello scandalo è derivato l’accordo, firmato il 9dicembre scorso sempre a Pretoria, tra due giganti del farmaco, GlaxoSmithKline e Boehringer Ingelheim, eil governo sudafricano. Si è stabilito che altre imprese, dietro licenza delle multinazionali, possono produrre iltrifarmaco a prezzi ragionevoli e lo possono commercializzare nei 47 stati dell’Africa subsahariana.Il titolari dei brevetti chiedono per sé una percentuale non superiore al 5% del prezzo di vendita. Siamo difronte ad una “Damasco farmaceutica”? Non proprio. Le aziende farmaceutiche hanno voluto evitarel’umiliazione di vedersi requisire le licenze in seguito a sentenze di tribunali: preferiscono cederlevolontariamente.Un’avvisaglia che le cose sarebbero potute cambiare si era avuta anche in quella che sembrò una gaffe delpresidente Bush nel suo discorso sullo stato dell’Unione nel gennaio 2003. Parlando di un nuovo impegnoUsa sul fronte aids (15 miliardi di dollari), Bush quasi profetizzò che il prezzo del trattamento antiretroviralesarebbe crollato da 12.000 a… 300 dollari. Guarda caso, è grosso modo il prezzo attuale dei farmacigenerici – fino ad allora considerati fuori legge dall’amministrazione americana e dall’Organizzazionemondiale del commercio.Forse a convincere le due multinazionali è stata anche la presa di posizione dell’Organizzazione mondialedella sanità che, il 1°dicembre a Nairobi, ha appr ovato e raccomandato l’uso di tre versioni generiche degliantiretrovirali per curare 3 milioni di sieropositivi entro il 2005. La decisione consente l’acquisto del“trifarmaco” a 270 dollari l’anno per paziente, invece di 700 (per i brevettati).Il prezzo dovrebbe scendere a 150 entro la fine del 2005. Ma già nuovi medicinali, prodotti dalle compagnieindiane Cipla e Ranbaxy, sono pronti al prezzo di 140 dollari annui per paziente.Fin qui, le intenzioni, le ipotesi e i progetti. Ma sul terreno che cosa sta accadendo in Africa?In Sudafrica, dove l’11% della popolazione (oltre 5 milioni) è sieropositiva, almeno un ospedale di ognunodei 56 distretti sanitari incomincerà a distribuire gratuitamente antiretrovirali. I nuovi medicinali simangeranno buona parte del budget governativo (anche se il costo diminuirà): si prevede una spesa di 1,8miliardi di dollari per i prossimi 5 anni, termine entro il quale un milione di sieropositivi potranno avere la curagratis.Tra questi anche gli orfani a causa dell’aids ed essi stessi sieropositivi (7mila nella sola Johannesburg): unrecente verdetto della corte suprema ha corretto una legge che consentiva il trattamento gratuito ai minoriprevio il permesso dei genitori…Qualche timido passo è stato fatto anche in Namibia. Il governo aveva promesso che 8 centri avrebberocominciato a distribuire antiretrovirali entro il dicembre scorso. Finora sono partiti 5 ospedali governativi: aWindhoek, Rundu, Oshakati e Walvis Bay. Dal prossimo aprile, il governo, che si è posto l’obiettivo di averein cura 25mila sieropositivi entro il 2005, ha preventivato di spendere 10,9 milioni di dollari per acquistarequesti farmaci.Una piccola speranza si è affacciata, ai primi di dicembre, a Kigali (Ruanda), quando Tommy Thompson,segretario statunitense per la salute, ha promesso al presidente Paul Kagame fondi per antiretriovirali. Nelpaese, il 13% della popolazione è colpita dal virus, ma oggi solo pochissimi possono permettersi lemedicine.Lo Zimbabwe ha forse la più alta incidenza di sieropositività (33% degli adulti). Purtroppo la crisi economicae politica impedisce di pianificare un intervento. Tuttavia, di recente, il Global Fund di Ginevra ha donato 24
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milioni di dollari per la lotta all’Hiv/aids, tubercolosi e malaria. E ai primi di dicembre, l’agenzia norvegese perlo sviluppo ha promesso 1,1 milioni di dollari all’Unicef perché possa acquistare e distribuire antiretroviraliagli zimbabwani.In Uganda, 10mila pazienti hanno accesso agli antiretrovirali, perlopiù a pagamento. Ma il paese, secondodopo il Botswana, distribuirà a partire da questo mese i medicinali gratis. I primi ad usufruirne saranno gliorfani e le donne incinte. Dati positivi, dovuti principalmente ai 66 milioni di dollari offerti dal Global Fund e ai6 milioni giunti dall’amministrazione Bush.Anche il presidente Museveni, buon amico degli Usa e contrario ai farmaci antiretrovirali generici, sembraessersi convinto che i diritti di brevetto vengono dopo la salute. Infatti ha dichiarato: «Non possiamo piùaspettare, chiederemo i permessi necessari all’Oms. La sudafricana Hefro è disposta a cederci antiretroviralia mezzo dollaro per dose giornaliera». Intanto una ditta farmaceutica con base in Kampala, la QualityChemicals, sta preparandosi a produrre antiretrovirali in loco entro la fine del 2004.Anche in Burundi (la 13ª nazione più colpita al mondo) gli interventi con gli antiretrovirali sono iniziati loscorso dicembre grazie a donazioni. Si attendono altri aiuti dal Fondo mondiale contro l’aids e dalla Bancamondiale.A Brazzaville (Congo) ci si accontenta, per ora, di avere 133 pazienti sotto cura. Del resto, il costo annualedi una cura corrisponde a 2/3 del reddito annuo medio. Le Nazioni Unite si sono impegnate a fornire curegratuite per mille pazienti. A chi andranno? Con quali criteri saranno scelti i fortunati? È il dilemma che sipone un po’ ovunque in Africa.Mentre nella Repubblica Centrafricana si è provveduto a preparare alcuni medici a somministrare iltrifarmaco e si cercano fondi per iniziare a distribuire la cura, a Niamey (Niger), l’ottobre scorso, è stataaperta la prima clinica per l’aids in cui si possono avere test gratis.In Malawi, il costo degli antiretrovirali per un anno è tra i più bassi del mondo: 288 dollari a paziente. Ciòperché il governo ha accettato di registrare farmaci generici e ha anche consentito un’intensa competizionetra le varie aziende farmaceutiche.Un passo che il Kenya non ha ancora compiuto, anche se 250.000 persone hanno estremo bisogno diantiretrovirali e solo 7.000 possono accedervi, soprattutto in ospedali privati o di missione. Numeroseassociazioni della società civile stanno spingendo perché il governo si decida. Attualmente farmaci antiHivgenerici costano ancora 45 dollari al mese (al di là della possibilità dei più).Il governo si è impegnato a procurare antiretrovirali per il 20% degli ammalati entro il 2005, ma è un impegnotroppo fumoso. E nel frattempo, non si decide a concedere alla Cosmos, una ditta farmaceutica di Nairobi, ilpermesso di produrre medicinali generici.In Mozambico, a Quelimane, nella provincia Zambesia, è iniziata questo mese la distribuzione gratuita diantiretrovirali. L’iniziativa, coordinata dal medico-missionario Aldo Marchesini, è sostenuta dalla Comunità diSant’Egidio e dall’Associazione progetto Mozambico onlus (Nigrizia, 12/03, 54). Entro il 2004 dovrebbepartire un più ampio progetto su scala nazionale sponsorizzato dalla fondazione americana “Bill Clinton”.Anche il presidente brasiliano Lula, nella sua recente visita a Maputo, ha promesso di costruire inMozambico un’industria in grado di produrre antiretrovirali.In Etiopia, infine, lo scorso agosto si è dato il via alle prime distribuzioni del “trifarmaco” a 2.000 pazientipaganti, su 2 milioni sieropositivi. Lamentele: «Solo i ricchi possono permettersi 40 dollari al mese». Si sperache con i prossimi aiuti del Global Fund l’iniziativa possa estendersi anche ai poveri.Questa rapida panoramica indica alcune traiettorie positive, ma non deve neppure per un momento fardimenticare che oggi in Africa almeno 4,1 milioni di malati di aids avrebbero urgente bisogno della terapiaantriretrovirale, ma soltanto 75.000 la stanno ricevendo. L’Oms ha recentemente ricordato che il mancatoaccesso agli antiretrovirali va considerato «un’emergenza sanitaria mondiale». E con l’aumentare degliammalati sotto trattamento anche in Africa, si spera che questi malati non siano più emarginati e temuti.
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Nigrizia 02/12/2003Aids: il monito dei vescovi d'AfricaI vescovi cattolici riuniti nel simposio dell’episcopato d’Africa e Madagascar (Sceam/Secam) rinnovanol’impegno ad un’azione congiunta sui temi che riguardano la diffusione del virus Hiv nel continente. Per laprevenzione spingono in primo luogo su una «appropriata educazione alla vita affettiva e alla sessualità»,denunciando la povertà e la violenza come concause della diffusione del virus.In occasione della giornata mondiale per la lotta all’aids – 1 dicembre 2003 – il Secam diffonde uncomunicato, a firma del segretario generale Peter Lwaminda, che sintetizza gli impegni emersi dai dodicigiorni di seminario "Pastori della chiesa famiglia di Dio in Africa, ai tempi dell’aids", nel corso della 13ªassemblea plenaria, tenuta a Dakar, in Senegal, dal 30 settembre al 13 ottobre.I vescovi africani rinnovano dunque l’impegno della chiesa nel combattere l’aids spingendo in primo luogo suuna «appropriata educazione alla vita affettiva e alla sessualità», denunciando la povertà e la violenza comeconcause della diffusione del virus. Offrendo la loro solidarietà «chi si ribella alla diffusione del virus» ivescovi esprimono «caloroso affetto ai cari fratelli e sorelle che hanno contratto l’infezione con particolareattenzione ai bambini e alle donne, che subiscono l’impatto più severo dell’aids».Per quanto riguarda la prevenzione della diffusione del virus, si torna ad affermare che è «l’astinenza per chiè solo e la fedeltà per chi è sposato il miglior modo per evitare d’essere infettati o per non diffondere ilcontagio».Gli oltre 600 vescovi del continente che fanno parte del simposio delle conferenze episcopali d’Africa eMadagascar – fondato nel 1969 per promuovere una comunione di tutta la chiesa cattolica nel continente –rilanciano così, a un anno di distanza, la proposta di piano d’azione per la lotta all’aids/hiv, presentata nelmeeting dell’ottobre 2002 a Johannesburg.
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Dal sito di Medici Senza Frontiere (MSF)- Aids: non è tempo di festeggiare ma di lanciare allarmi.Ancora troppo pochi i pazienti che hanno accesso ai farmaci.Roma 26 gennaio 2005 - Oggi l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha annunciato i primi risultatidel piano “3X5” lanciato nel 2003 con l’obiettivo di portare i farmaci anti-Aids a 3 milioni di sieropositivi nelmondo. L’Oms ha annunciato che il numero di malati dei Paesi poveri che oggi ha accesso ai farmaci sonopassati dai 440mila di luglio 2004 a 700mila alla fine dell’anno.Secondo Medici Senza Frontiere questa cifra è ancora incredibilmente bassa se si pensa che nel mondo cisono almeno 6 milioni di sieropositivi che si trovano in una fase della malattia che richiede immediatamenteuna terapia a base di anti-retrovirali. “In sostanza – afferma Stefano Savi, direttore generale di MSF Italia -oggi nei Paesi poveri ricevono i farmaci appena il 12% delle persone che ne hanno bisogno. Ci sono oltre5,3 milioni di persone che probabilmente moriranno in tempi rapidi per mancanza di cure. A oltre 20 annidallo scoppio dell’epidemia e a oltre 10 anni dalla comparsa sul mercato di terapie in grado di tenere in vita ipazienti ci sembra una situazione scandalosa”.Non solo i risultati fin qui raggiunti sono deludenti, ma si rischia anche di fare dei passi indietro. A partire dagennaio 2005, infatti, i principali produttori di farmaci generici contro l’Aids (India e Cina soprattutto) sonoobbligati a rispettare le norme del WTO (Organizzazione mondiale del commercio) in materia di brevetti suimedicinali. Questo rischia di rendere molto più difficile la produzione e l’esportazione di copie economichedei farmaci di marca.“Se la concorrenza dei farmaci generici nei confronti di quelli prodotti dalle multinazionali occidentali dovesseessere ulteriormente ostacolata – aggiunge Savi – potrebbero essere pregiudicati i progetti di lotta all’Aidsfaticosamente avviati nei paesi più colpiti. Solo la concorrenza dei generici, infatti, è stata in grado diabbassare il prezzo delle terapie dagli oltre 10mila dollari l’anno per paziente del 2001 agli attuali 170 $l’anno per paziente. Bloccare questo meccanismo virtuoso sarebbe un atto criminale. Non si può continuarea ignorare che 8mila persone ogni giorno muoiono a causa dell’Aids”.Medici Senza Frontiere gestisce progetti di lotta all’Aids dall’inizio degli anni ’90 e dal 2000 ha iniziato adistribuire farmaci antiretrovirali: oggi MSF somministra le terapie a 25mila pazienti in 27 Paesi (Benin,Burkina Faso, Burundi, Cambogia, Camerun, Cina, Repubblica Democratica del Congo, Ecuador, Etiopia,Guatemala, Guinea, Honduras, Indonesia, Kenya, Laos, Malawi, Mozambico, Birmania, Nigeria, Perù,Ruanda, Sudafrica, Tailandia, Uganda, Ucraina, Zambia, Zimbabwe).